Paolo Di Rocco, parla l’amministratore delegato del Gruppo



L’amministratore delegato del nostro Gruppo si racconta: dall’arrivo nel lontano 1999 fino ad oggi. Colonna portante dell’azienda, ha letteralmente messo in piedi il dipartimento amministrativo un anno dopo l’altro: “Tempocasa mi ha offerto la possibilità di realizzare i miei sogni professionali e forse anche molto di più. Amo il mio lavoro, la mia è una passione al 100 per cento”.

“Era una notte buia e tempestosa…”.
Quando Paolo Di Rocco comincia a raccontarti una delle tantissime storie legate a Tempocasa, che ha archiviato con ordine e precisione in un cassetto della sua inossidabile memoria, l’incipit con cui parte è sempre questo. Non esistono eccezioni: si inizia ogni volta ricalcando la battuta dei Peanuts, il mitico fumetto di Linus, e poi si scoppia a ridere.


Ora che il compito di raccontare la sua, di storia, è passato a noi non possiamo che rimanere fedeli alla tradizione e partire esattamente come fa lui: “Era una notte buia e tempestosa quando per la prima volta Paolo apre gli occhi sul mondo, in una stanza dell’ospedale di Sesto San Giovanni, alle porte di Milano”. In realtà di tempesta, quel giorno di fine aprile del 1965, non ce n’è neanche la più piccola traccia, ma come avremmo potuto tirarci indietro?

“Sono il primogenito dei miei genitori – che negli anni successivi allargheranno la famiglia con l’arrivo di due sorelle più piccole – Mia mamma è casalinga mentre mio papà, ex prigioniero della Seconda guerra mondiale, lavora in una stamperia di tessuti. Entrambi sono di Mazzarino, un piccolo paese in Sicilia, dove sono cresciuti e si sono conosciuti. Al Nord ci arriva prima mio padre, alla stregua delle migliaia di meridionali che in quel periodo fanno le valigie di cartone e partono alla ricerca di un futuro migliore. Mia mamma lo raggiunge un paio di anni più tardi, dopo averlo sposato nel 1964 e una volta che lui si è assicurato un lavoro stabile e una sistemazione”, ci spiega. I Di Rocco trovano un appartamento nella periferia di Cinisello Balsamo, a una manciata di chilometri dalla cinta della città della Madunina. Nei primi anni di vita di Paolo la famiglia trasloca per ben tre volte ma rimane comunque nella stessa zona. “Viviamo in un quartiere di frontiera, all’interno di una città che a quei tempi è di frontiera pure lei. Il palazzo dove prendiamo casa è abitato solo da meridionali, emigrati come lo sono stati i miei genitori qualche anno prima. Da piccolo imparo in fretta qualsiasi dialetto da Roma in giù, dal calabrese al napoletano. Di italiano se ne parla poco nel giardinetto condominiale”.


Sebbene la famiglia sia di umili origini, a Paolo non viene mai fatto mancare nulla. Il papà sta in fabbrica dodici ore al giorno e si spacca la schiena per garantire una vita dignitosa alla moglie e ai tre figli, per cui però sogna ogni giorno un futuro molto diverso dal suo. “Gli amici e i vicini sono tutti bambini che hanno padri che si mantengono facendo un mestiere di fatica. C’è chi è muratore, chi carpentiere, chi idraulico e così via. I piccoli si danno spesso da fare per aiutarli, magari con piccoli lavoretti anche nelle parti comuni del nostro condominio. Io non mi tiro indietro e capita che dia il mio contributo. Eppure mio papà non vuole, è categorico: ‘Paolino – così mi chiama -, tu non devi sporcarti le mani. Tu devi studiare, nient’altro’, mi ripete a ogni occasione utile. Il nostro è un rapporto complesso: la differenza d’età si sente, lui ha una mentalità spiccatamente del Sud ed è molto apprensivo. Io lo ascolto, spesso faccio le cose di nascosto, ma sullo studio mi inculca quest’idea e non vuole che abbia altre distrazioni”, aggiunge. In effetti, almeno sul fronte scuola, Paolo gli dà retta: finite le medie, si iscrive a ragioneria e nel 1984 si diploma.

A quel punto imbocca la strada che i suoi gli hanno indicato e sceglie di proseguire gli studi all’Università. D’altra parte sia nella famiglia di mamma che in quella di papà ci sono già “precedenti” e l’idea di dedicarsi a libri ed esami non viene certo additata come una follia: una prozia era stata una levatrice, un cugino di secondo grado medico, uno zio docente e addirittura un cugino del nonno paterno era stato senatore della Repubblica, con un posto a sedere nell’aula dell’assemblea costituente. I geni, si sa, è difficile che mentano e Paolo non vuole tirarsi indietro. Scommette sulla facoltà di Economia e commercio: i numeri gli piacciono, la materia lo affascina. Sostiene qualche esame, ottiene buoni voti finché non arriva la chiamata per il servizio militare. Viene spedito a Venezia-Mestre, dove per dodici mesi veste i panni di un carabiniere ausiliario anche se, quando te lo racconta in pausa caffè, ci scherza su e ti dice che ha fatto “il militare a Cuneo per tre anni”, sfoderando uno dei mille aneddoti diventati famosi negli uffici della sede Tempocasa.


Archiviata l’esperienza in divisa, torna a casa e nel 1989 decide di lasciare l’ateneo. I rudimenti economici li ha, ora ha voglia di trovare un lavoro e debuttare nel mondo degli adulti. La ricerca dell’impiego tuttavia non è molto semplice: “Nei dintorni di Milano la mia famiglia non conosce nessuno e avere qualcuno che ti indirizzi verso un’azienda piuttosto che un’altra è parecchio complicato. Alla fine di quell’anno riesco comunque a ottenere un colloquio per una rete immobiliare in franchising. L’incontro va bene, mi assumono e vado. Me lo ricorderò sempre, comincio attaccando un franco- bollo a una raccomandata. Non ho pretese, né esperienza ma il desiderio di imparare di certo non mi manca e, già allora, so che per avere successo bisogna essere capaci di fare tutto. Vengo destinato al reparto amministrativo e, negli anni, ne affiancherò il direttore nelle sue mansioni. Imparo il mestiere sul campo, con tanta buona volontà e molto impegno”, prosegue. Paolo non si risparmia: rimane in ufficio fino a tarda sera, si presenta anche il sabato, ha “fame” di conoscenza e voglia di dimostrare a se stesso e ai suoi affetti quanto può fare. “In testa mi ronza l’idea che devo sempre dare più degli altri per ottenere ciò che voglio. In realtà dall’esterno non mi viene mai trasmesso questo genere di input, è più una convinzione mia. Arrivo da una famiglia di origini meridionali e mi ritrovo catapultato in una realtà molto diversa, con colleghi che hanno un retaggio culturale differente. Mi sembra che per me sia necessario fare un passo in più rispetto a chi mi circonda. L’indole è quella di dimostrare due volte tanto quello che mi viene richiesto”.


Anno dopo anno Paolo si destreggia nel mondo della contabilità e si occupa in prima persona di stilare i bilanci delle società del Gruppo. A conti fatti vede e impara a conoscere qualsiasi tipo di situazione economica, incamerando esperienze e nozioni importanti per il futuro che lo aspetta di lì a qualche anno. Nel 1997 una collega che lavora in una delle agenzie dell’azienda se ne va e passa sotto la bandiera di Tempofin, la società di mediazione creditizia di Tempocasa. Di Rocco, che allora della rete biancoverde non conosce altro se non il nome di Flavio Ferrari per sentito dire, chiede se ci sia un’eventuale possibilità anche per lui. In quel preciso momento, gli viene fatto sapere, non ci sono posizioni aperte che potrebbero fare al caso suo. Ma l’occasione fa capolino a febbraio del 1999 quando a casa della madre chiama Mileto Ferra in persona, chiedendogli se sia ancora interessato a un colloquio. Qualcosa per lui ora c’è. “Sono curioso, accetto volentieri e mi presento davanti alla porta della sede – che ai tempi era negli uffici di fronte a quelli dove siamo ora, ndr – Ci sono tutti e tre i Pres: Ferra, Ferrari e Canino. Ci sediamo alla loro scrivania, che è ancora la stessa di oggi. Sono affabili, gentili e chiacchieriamo a lungo. In quell’anno i punti vendita targati Tempocasa in Italia sono circa 140 e il marchio è arrivato in Piemonte, Emilia Romagna, Veneto, Lazio, Campania e, ovviamente, ha preso piede in Lombardia nel Comasco, nel Milanese e anche a Milano città, dove ci sono sei negozi. Mi fanno visitare il quartiere generale, che certo non ha le dimensioni e l’organizzazione odierne. Scopro che lì lavorano loro tre, Sergio Panceri come amministratore di Tempopubli, due grafici, la cognata di Ferrari, un impiegato che si occupa della banca dati, un altro che segue il centro servizi e infine c’è il dominus della Tempofin. Basta, altre persone non se ne vedono. La realtà è ancora piccola e il settore amministrativo non esiste perché è gestito da una società esterna. Nessuno se ne occupa in prima persona, è tutto delegato ad altri. Diciamo che, in quel momento, Tempocasa è un sogno che si sta materializzando e che ancora non ha i contorni precisi di oggi. Potremmo dire che è una realtà ‘artigianale’, che con il tempo si è costruita tutti i mezzi per trasformarsi in una macchina da guerra organizzata fin nel più piccolo dettaglio”, ricorda.


Per Paolo cambiare lavoro si prospetta quindi come un bel salto nel vuoto. “Dopo il primo incontro rifletto a lungo. Accettare il posto significherebbe stravolgere radicalmente la mia vita. È un rischio ma, allo stesso tempo, è una sfida allettante. Lo so: voglio crescere e cimentarmi con qualcosa di diverso, voglio dimostrare a me stesso che posso farcela. Così chiamo Canino e metto sul piatto la mia proposta: ho intenzione di creare il reparto amministrativo da zero, internalizzandolo per arrivare a non avere più l’intervento da parte di soggetti esterni. Loro mi danno l’ok e ci diamo appuntamento per vederci la sera stessa”.


Di Rocco, con tante ambizioni in tasca e il sogno di diventare qualcuno, viene assunto il 1 aprile 1999 e da quell’esatto istante la sua vita cambia per davvero. La determinazione che mette in questa nuova avventura è incredibile e lo ripaga una goccia di sudore dopo l’altro. Sì, perché la promessa di mettere in piedi dal nulla l’ufficio amministrativo la mantiene e fa pure molto di più. “Nel primo anno sono l’unico dipendente assunto per il settore. Lavoro solo sulla contabilità in parallelo con lo studio che fino ad allora se n’era occupato. Dopo circa dodici mesi di rodaggio chiudiamo la collaborazione e, a partire dal 2000, vado avanti con l’appoggio di un commercialista di Monza”. I risultati sulla scrivania arrivano, i numeri tornano, i bilanci registrano segno più e ogni settimana che passa i Pres si rendono conto di aver fatto bingo con l’arrivo di Di Rocco. Tanto che il 10 luglio del 2000, dopo che Tempocasa si è trasformata da srl a società per azioni, lo insigniscono della carica di presidente del consiglio di amministrazione (a cui si sommerà nel 2006, con la nascita della holding, quella di amministratore unico di quest’ultima). Un ruolo a dir poco importante e di rilievo, di cui va orgoglioso. Al suo fianco nelle vesti di consigliere scelgono Panceri, che si occupa in prima persona dei contratti di franchising, dei rapporti con gli affiliati e della cantieristica.
“Nel giro di pochi anni la realtà Tempocasa si amplia con la costituzione di Kines – quella che oggi è Mediatec – e di e.Talya, che sostituisce la precedente Tempofin. Poi arriva Nocara, la prima società nel campo dei cantieri edili, seguita a ruota dalle ‘colleghe’ Edilma e Tempoedil. Mano a mano che queste società nascono, in parallelo all’arrivo di nuovi colleghi in sede, ne divento amministratore o presidente del consiglio di amministrazione. La fiducia tra me e i Pres è totale e pienamente reciproca, abbiamo trovato il giusto meccanismo per ottenere tutto ciò che ci prefissiamo”.


Nel frattempo nel 2002 Paolo convola a nozze. Nel 2003 stringe tra le braccia per la prima volta la sua primogenita Giulia e nel 2007 le emozioni si raddoppiano con l’arrivo della piccola di casa, Alessandra. Sul fronte lavorativo tutto procede secondo la tabella di marcia e il piano di sviluppo biancoverde ha ritmi alti. “Nei primi tempi svolgo un’attività più che intensa con Canino. Insieme lavoriamo sullo sviluppo del Gruppo e stabiliamo l’organizzazione della sede. Imparo a valutare ogni singola scelta in funzione dell’azienda. La mia, lo capisco praticamente subito, deve essere una visione generale e non particolare. Mi dimentico di guardare alla mia funzione specifica di amministratore, quello che mi interessa è l’andamento complessivo e globale del Gruppo. Sono e devo essere un occhio super partes”, spiega ancora.


Nei primi nove anni dal suo ingresso l’espansione della rete è incredibile in Italia e anche all’estero. Nel 1999 infatti, al debutto di Paolo, Tempocasa dà il via alla conquista della Spagna: i punti vendita sul territorio schizzano in fretta alle stelle e là vengono aperti un reparto informatico e una sezione di Tempopubli, replicando di fatto una fetta dello schema operativo italiano. Nel 2005 il distaccamento spagnolo organizza addirittura una Convention a Fuerteventura, replicata l’anno successivo con grande successo. E nello stesso anno nel Bel Paese si tocca il picco più alto di punti vendita operativi: 530. Il sogno dei tre Pres è diventato realtà in tutto e per tutto. Anche se purtroppo, di lì a poco, rischia di andare in frantumi. “A cavallo tra il 2007 e il 2008 scoppia la bolla immobiliare. La crisi, che da noi arriva leggermente in anticipo, ci taglia le gambe in Italia e in Europa. Costringendo molti ad abbassare una volta per tutte la saracinesca. Se è pur vero infatti che negli anni precedenti abbiamo registrato una crescita portentosa, è allo stesso modo un dato di realtà il fatto che fossimo troppo ‘leggeri’ per sopportare un crac del mercato di quelle proporzioni. Le radici non erano ben ficcate a terra e alla prima forte folata di vento siamo volati via”, ricorda Di Rocco.

Il periodo è pesante, le incertezze sono molte per chiunque. Tuttavia Paolo reagisce rimboccandosi le maniche e aumentando la mole di lavoro a livello personale nei confronti della società. Non stacca mai, è intenzionato a trovare una soluzione con i Presidenti e insieme ci riescono: “Ci concentriamo sulla rete reale, quella cioè che lavora in concreto e che non compare solo come un nome sulla carta. Capiamo che dobbiamo bloccare la crescita e puntare l’attenzione sul consolidamento di quello che esiste. In particolare i fondatori decidono di scommettere sulla formazione, dando linfa e fiducia a Tempocollege: la preparazione e la professionalità, in mezzo a quella bufera, sono elementi essenziali. Intanto tagliamo i rami secchi del nostro grande albero, ossia procediamo alla ristrutturazione del franchising. Lo facciamo con tre mosse: manteniamo gli uffici che vanno bene e seguono i dettami Tempocasa; teniamo in un primo momento chi è in linea con i pagamenti e ha bilanci positivi sebbene non segua la linea aziendale, per poi interrompere i rapporti appena diventiamo più solidi; infine chi non produce, non paga le royalties ed è fuori dagli schemi viene allontanato. Lo stesso procedimento lo applichiamo alle filiali di e.Talya”.
Il meccanismo funziona e alla linea di partenza, seppellita la parentesi più dura della crisi, si ritrovano poco più di duecento punti vendita. Nell’arco di cinque anni ci si rimette in piedi e nel 2013 Mileto Ferra presenta ufficialmente il progetto del raddoppio della rete, in anticipo di un anno sulla concorrenza. “Di fatto siamo uno dei pochi franchising che, in quel momento storico, investe sullo sviluppo. Paragoniamo Tempocasa un po’ all’organizzazione territoriale dell’Arma dei carabinieri: vogliamo avere in ogni città un’agenzia, come loro hanno una stazione. Sappiamo che la capillarità può e deve essere la carta vincente. Studiamo una ricetta nuova, in quattro passi. Prima di tutto stabiliamo che le aperture devono essere programmate con metodo e che è conditio sine qua non aver acquisito il patentino da agente immobiliare. In seconda battuta chiunque voglia aprire un punto vendita deve assicurarsi un piccolo fondo economico da investire e, terzo, deve diventare titolare diretto dell’ufficio. Da ultimo con le agenzie devono crescere in parallelo anche tutti gli altri servizi del Gruppo: è impensabile che un settore incrementi i numeri e gli altri no. La crescita deve essere armonica e globale”, elenca. La soluzione funziona e si ritorna in sella. In contemporanea il reparto amministrativo della sede naviga a gonfie vele anche grazie alla presenza di una serie di figure che da anni lavorano lì e che sono maturate, un passo dopo l’altro. Tra loro il braccio destro di Paolo, Vita Marino, che lo affianca da più di quindici anni.

“Tra i vari servizi prima e dopo la crisi riveste un ruolo chiave il campo dell’edilizia. Il primo complesso residenziale che realizziamo è a Muggiò, nel 2003. Lì ci facciamo le ossa e poi tra il 2005 e il 2006 ci spostiamo a Milano. L’anno successivo arriva Bulgarograsso, dove ci occupiamo di una piccola operazione, e nel 2008 compriamo un terreno a Gorla Minore. Il crollo del settore ci ferma, aspettiamo fino al 2011 e alla fine costruiamo. Oggi il mercato si può definire ‘normale’ e ci dà buone soddisfazioni con operazioni immobiliari a Olgiate Olona”, precisa. Soddisfazioni che arrivano anche dall’ambito della mediazione creditizia e del settore assicurativo con Più Mutui Casa e Dorotea, dalla formazione con Beautifulminds, dal campo della comunicazione con Tempo Quality e infine anche da quello degli eventi con Tempo Event e di nuovo delle assicurazioni con Tempoassicurazioni (solo per citare alcune delle ultime nate nella nostra grande famiglia).


Per Paolo se da una parte Tempocasa vuol dire lavoro, dall’altra è divertimento e spirito di aggregazione. Quando infatti nasce l’idea di organizzare un torneo di calcio a livello nazionale, quello che diventerà per dieci anni la Champions League Tempocasa, lui è in prima fila tra i promotori dell’iniziativa. Si mette subito a disposizione e accanto ai Pres e un manipolo di manager programma l’intera manifestazione per un decennio. Alla sua fondazione entra a far parte della Fct, alias la Federazione calcio Tempocasa, che si occupa di stilare il calendario degli incontri, affittare i campi e segnare le formazioni. Ma non solo: a bordo campo durante le finalissime (oltre a tenere il conto di goal, rigori e punizioni) si trasforma in Roberto Iguana, il suo alter ego giornalista che si occupa di portare su carta la telecronaca della partita minuto per minuto. Dimostrando di saper coniugare l’impegno e la fatica che il ruolo che ricopre porta con sé con uno spirito goliardico non sempre facile da trovare in un amministratore delegato. Uno spirito che non nasconde mai, neppure in sede. La sua cifra stilistica? Il sorriso con cui ti saluta ogni mattina appena varca la porta d’ingresso, che si unisce alla passione nel raccontarti storie, episodi e fattarelli più o meno storici targati Tempocasa. Chiunque sia mai passato in sede e ci abbia scambiato quattro chiacchiere lo sa bene: insieme a Ferrari è lui la memoria storica dell’azienda. In questi diciannove anni di onorata carriera non si è fatto sfuggire una curiosità, un episodio, un nome che incamera mentalmente e che spesso rivela davanti a un buon caffè.


E quando alla fine di questa intervista gli chiediamo di tirare le somme della sua vita qui con noi, la risposta non ci coglie certo impreparati: il bilancio è positivo, sotto ogni punto di vista. “Dal 1999 in avanti Tempocasa mi ha offerto la possibilità di realizzare i miei sogni professionali e forse anche molto di più. Ho colto un’opportunità che mi è stata donata e l’ho sviluppata con la voglia di imparare e conoscere qualcosa di nuovo ogni giorno. Non nego che all’inizio sia stata una sfida e che mi abbia messo un po’ di sana paura addosso. Ma, se adesso ne avessi l’opportunità, lo farei e rifarei mille volte ancora. Amo il mio lavoro, non mi pesa stare in ufficio perché la mia è una passione al 100 per cento. E poi, come ci insegna questa azienda, non ci si deve mai fermare. Non mi sento una persona arrivata, anzi. Le sfide sono ancora molte: sto lavorando su me stesso e, in parallelo, sulla crescita dell’organico della sede, che tra il 2017 e il 2018 ha fatto il botto. La squadra è stata formata e faremo grandi cose”, dice sicuro. Prima però di salutarlo per davvero non possiamo non toglierci l’ultimo sassolino dalla scarpa e domandargli di raccontarci qualcosa dei tre Pres, con cui lavora fianco a fianco ogni giorno. “Sono tre persone profondamente diverse tra di loro, che però hanno la capacità di completarsi a vicenda. Nicola Canino è il metodico del trio, acuto e con uno spirito di osservazione fuori dal comune. Mileto Ferra, come gli riconoscono tutti, ha dei guizzi imprenditoriali geniali e una visione a lungo termine della società. Vive con il sogno di fare grande Tempocasa, è il suo obiettivo più importante. Ferrari invece è l’anima della nostra realtà e il motivatore per eccellenza. Con lui la rete cresce e trova sempre nuovi stimoli. Ha una sensibilità particolare. Con tutti e tre ci confrontiamo molto e spesso il mio ufficio diventa il loro rifugio peccatorum, dove parlare e stabilire le strategie future. Ma con loro voglio citare anche Emidio Calvarese, l’amministratore delegato di Più Mutui Casa. Con lui, dal 2006, è nato un rapporto stretto e solido. Ci confrontiamo e ci diamo una mano a vicenda, permettendoci di crescere reciprocamente”. E proprio di crescere Di Rocco non vuole smettere mai. Perché Tempocasa gli ha regalato un sogno e lui è deciso a coltivarlo giorno dopo giorno.